“Se guardi la televisione sembra che l'Italia l'abbiano fatta tutta loro ma io e tanti altri abbiamo passato la nostra più bella gioventù a sparare”
Bernardo Marchezzolo, occhi azzurri aspetta vigile all'ingresso del cortile di casa sua ad Altavilla. Nato il 25 Aprile del 1923, ormai prossimo agli 88 anni, ama ripetere “prima ho liberato mia mamma e poi l'Italia” un gioco di parole che vuole correlare la sua data di nascita al 25 Aprile 1945. Il 25 Aprile del 1945 è la data dell'appello per l'insurrezione armata emanato dalla sede del comando partigiano a Milano. Questa azione contribuì, il 1° maggio dello stesso anno, alla firma della resa delle forze armate tedesche in Italia.
Arruolato in Artiglieria, il Natale del 1942 si trovava sulla tradotta, treno adibito al trasporto truppe, per la Russia. “Io sono tornato, ma molti sono rimasti là” conclude la parentesi sulla Russia Marchezzolo “avevo 19 anni, volevo vivere”.
L'8 settembre 1943, data della firma dell’armistizio tra Italia e Forze Alleate, si trovava a Padova e, presa la decisione di tornare ad Altavilla, considerato quindi disertore dai fedeli a Mussolini, sfuggì all’arresto dei fascisti nel Novembre del 1943.
“Verso gli ultimi mesi del '43 ho cominciato la vita da partigiano. Mi sono preparato un rifugio nei boschi di Altavilla, un posto vicino al paese ma molto ben nascosto”.
Un rifugio scavato sul pendio della collina, rinforzato con le traversine di legno rubate dalla vicina linea ferroviaria. “Una busa” la definisce Marchezzolo “fredda d’inverno e con le zanzare d’estate ma sicura”.
Rimasto solo per tre-quattro mesi Nenin, questo il nome di battaglia di Marchezzolo, ha poi trovato un fidato compagno “Falco” Aldo Bacco. “Con lui ho continuato le azioni di sabotaggio: tagliavamo i fili del telefono, facevamo saltare i binari del treno, aprivamo i vagoni, vuotavamo i barili di carburante. Tutte azioni per rallentare i fascisti; abbiamo sempre rotto senza uccidere nessuno”.
Nella primavera del 1944 i due si appoggiarono ad una brigata di partigiani, la Brigata Guastatori Argiuna. Comandata dal Prof. Carlo Segato, la brigata nacque per volontà delle forze politiche della sinistra vicentina, organizzate nel Comitato Militare Provinciale Dalla Pozza.
“Comunisti ci definivano e per questo gli alleati non ci lanciavano mai materiale, lo abbiamo richiesto molte volte ma dovevamo muoverci e raggiungere altri gruppi di partigiani”.
Questo il motivo della stretta collaborazione con un gruppo di partigiani di Villabalzana. “Loro ricevevano i lanci di materiale dagli alleati, andavamo a piedi, di notte a prendere il tritolo per le azioni di sabotaggio”. “Una volta volevamo far saltare un ponte, il barile di esplosivo sulla barca sotto il ponte ma rinunciammo. Se uccidevamo uno solo di loro poi, loro, andavano in paese e uccidevano la gente del posto”.
Parlando, Marchezzolo, sfoglia diversi album di foto.
Foto in bianco e nero, piccole, foto di allora. Immagini tra i boschi di Altavilla, foto nella “busa” con le armi in mano. “Nelle foto siamo io e Falco, all’inizio avevamo solo un moschetto da caccia, poi, grazie agli alleati lo “sten” e le pistole”.
Altre foto, più recenti, testimoniano l’energia che ancora “Nenin” impiega in quello in cui crede; commemorazioni ed altri eventi a cui partecipa con le effigi dell’Associazione Combattenti e Reduci, di cui è Presidente.
Nelle foto recenti prevalgono tre colori: il verde, il bianco ed il rosso.
In Piazza ad Altavilla gli operatori issano le bandiere italiane “che 25 aprile può essere senza il tricolore italiano?” conclude Marchezzolo.
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